Massiccio Granitico del Biellese (Alpi Meridionali, Serie dei Laghi, graniti permiani dei Laghi)
I graniti permiani presenti nel Biellese si sono intrusi nella crosta terrestre durante l’evoluzione permiana della Zona Ivrea-Verbano e della Serie dei Laghi (Alpi Meridionali). Nel Permiano (299-251 milioni di anni fa), che è stato l’ultimo periodo dell’era paleozoica, la distribuzione delle terre emerse e dei mari era molto diversa dall’attuale. Le terre emerse erano riunite in un grande supercontinente chiamato Pangea, che non è stato né il primo né tantomeno l’unico formatosi sulla Terra. La collisione tra blocchi continentali che ha dato origine a Pangea ha avuto come conseguenza l’orogenesi ercinica che è stata un evento tettono-metamorfico del Devoniano-Carbonifero. L’attuale Europa si trovava sull’equatore e durante l’orogenesi ercinica si sono sollevate catene montuose con fase parossistica intorno a 290 milioni di anni fa; l’avvenuta orogenesi ha lasciato tracce su tutti gli attuali continenti. Verso la fine del Paleozoico Pangea, il più recente dei supercontinenti, era circondata da un vasto blocco di litosfera oceanica chiamato Pantalassa e all’interno del supercontinente penetrava profondamente un braccio di questo oceano chiamato Paleotetide, con forma all’incirca triangolare e orientato in direzione est-ovest lungo l’equatore. La presenza di questo braccio oceanico conformava Pangea con un grande blocco continentale detto Laurasia a nord e un grande blocco continentale detto Gondwana a sud. L’avvenuta collisione ercinica ha interessato poco i cratoni rigidi, ma i nuovi terreni di accrezione che hanno subito metamorfosi e si sono formati batoliti e vulcani postorogenetici in superficie. L’evoluzione tardo-ercinica con geodinamica caratterizzata da tettonica estensionale ha permesso la risalita di grandi corpi femici e ultrafemici di prevalente composizione gabbrica con formazione di plutoni che hanno innescato processi di fusione anatettica nelle rocce sovrastanti. Le peridotiti si erano intruse nella crosta inferiore probabilmente durante l’orogenesi ercinica e quindi prima dell’intrusione gabbrica. Il protolito del complesso kinzigitico della Zona Ivrea-Verbano è stata una successione marina di metapeliti che si è deposta tra 700 e 480 milioni di anni fa in un bacino oceanico Proterozoico-Cambriano. Queste rocce pelitiche hanno subito metamorfismo trasformandosi in kinzigiti durante l’orogenesi ercinica. Durante l’evoluzione permiana della Zona Ivrea-Verbano e della Serie dei Laghi l’intrusione magmatica attraverso le kinzigiti ha portato alla differenziazione magmatica con formazione di magmi ibridi, migmatiti, graniti e vulcaniti. Tutte questi litotipi di origine permiana si possono osservare oggi nel Biellese. Tra la fine del Permiano e l’inizio del Triassico, circa 250 milioni di anni fa, i movimenti tettonici hanno provocato l’inizio dell’apertura del nuovo bacino oceanico della Neotetide lungo il margine di Gondwana e la progressiva chiusura della Paleotetide che si è conclusa alla fine del Triassico. La subduzione della litosfera oceanica della Neotetide al di sotto della placca euroasiatica ha determinato un nuovo regime estensionale nella regione centrale della Pangea e zone di rifting; la conseguenza è stata l’innalzamento del mare che si è espanso verso ovest e la formazione di grandi piattaforme carbonatiche. Questa evoluzione geodinamica di estensione, assottigliamento crostale con disarticolazione della crosta superiore in blocchi che ruotavano lungo faglie listriche, avvenuta nella regione centrale di Pangea, e culminata nel Giurassico medio, 180-160 milioni di anni fa, ha dato luogo all’apertura dell’Oceano Atlantico centrale prima e dell’Oceano Ligure-Piemontese poi. L’Oceano Ligure-Piemontese è un “oceano perduto” che non ha nulla a che fare con gli attuali mari dell’area mediterranea e deve il suo nome ai resti (ofioliti) che sono presenti nei rilievi del Piemonte e della Liguria. Per circa 30-40 milioni di anni l’Oceano Atlantico centrale e l’Oceano Ligure-Piemontese hanno continuato ad allargarsi sino ad avere una larghezza di circa 1000 chilometri. L’Oceano Ligure-Piemontese era interposto tra la crosta continentale europea e quella africana comprensiva della futura microplacca Adria. Nel Cretaceo inferiore con la veloce apertura dell’Atlantico centrale è avvenuta l’attivazione di una grande faglia trasforme la quale ha separato l’Africa dal blocco Italo-Dinarico trasformandolo nella microplacca indipendente Adria. La frammentazione di Pangea dopo l’apertura degli oceani Atlantico centrale e Ligure-Piemontese è continuata con la separazione a sud del Sudamerica dall’Africa e a nord del blocco iberico sia dall’America settentrionale che dall’Europa. La conseguenza di questi movimenti tettonici è stata la formazione del nuovo microcontinente Iberia e di nuove aree oceaniche: l’Oceano Atlantico meridionale, l’Oceano Atlantico centro-settentrionale e l’Oceano Vallesano. La separazione del Sudamerica dall’Africa ha indotto nella placca africana un movimento antiorario che ha segnato l’inizio, nel corso del Cretaceo, della convergenza della microplacca Adria verso la placca iberico-europea che è andata in subduzione al di sotto di essa e corrisponde anche all’inizio della chiusura dell’Oceano Ligure-Piemontese. Quasi tutto il territorio italiano si trovava sulla microplacca Adria. Va considerato che l’evoluzione dell’area mediterranea è una questione molto dibattuta con interpretazioni diverse a seconda degli autori e in letteratura non esiste un unico modello cinematico di dettaglio che la spieghi. La catena alpina è il prodotto dell’evoluzione cretaceo-attuale della citata convergenza tra blocchi continentali (iniziata tra circa 120 e 90 milioni di anni fa) che ha portato alla subduzione dell’Oceano Ligure-Piemontese, alla sua completa consunzione e successiva collisione, avvenuta intorno a 30 milioni di anni fa. L’evoluzione cretaceo-attuale è caratterizzata da molteplici processi che hanno portato alla formazione di falde di basamento e copertura a vergenza europea e alla genesi delle unità ofiolitiche. A livelli profondi si è sviluppato un metamorfismo di alta pressione e bassa temperatura dovuto all’anomalia termica prodotta dalla subduzione della litosfera oceanica. La collisione avvenuta tra blocchi continentali ha originato a partire dal Miocene due diverse catene, una scivolata verso l’Europa, l’altra verso la microplacca Adria. La catena delle Alpi ha quindi una doppia vergenza e l’edificio a falde che si è generato ha creato un ispessimento della litosfera. La crosta continentale ispessita ha creato una situazione di disequilibrio compensata da una spinta litostatica che unita al perdurare degli sforzi compressivi ha provocato il sollevamento lento e costante (isostasia) dell’edificio alpino e i processi erosivi che ne conseguono. Le due catene risultano saldate da una poderosa linea di sutura, un insieme di faglie, nota come Lineamento Periadriatico o Linea Insubrica che attraversa le Alpi da est ad ovest e che nel segmento più occidentale prende il nome di Linea del Canavese. La Linea Insubrica attivandosi ha permesso lo svincolo del sistema sudvergente separando unità in origine contigue che hanno poi subito un trasporto tettonico diverso; da un lato il dominio Austroalpino deformato e metamorfosato a partire dal Cretaceo con le falde traslate verso nord e dall’altro il dominio Sudalpino (Alpi Meridionali) raccorciato e deformato a partire dall’Oligocene vergente verso sud, costituito dal margine della placca Adria. Gran parte dei rilievi dell’Austroalpino pur trovandosi a nord del Sistema Insubrico sono formati da lembi della crosta e del prisma di accrezione africano scivolati verso l’Europa e al di sopra delle altre falde alpine. Con il sollevamento della catena alpina il territorio delle Alpi ha cessato di essere una zona di deposizione ed è diventato una zona d’erosione. L’orogenesi alpina pur non avendo coinvolto direttamente le Alpi Meridionali ha provocato una risposta di tipo fragile con formazioni di faglie e verticalizzazione dei complessi rocciosi. La verticalizzazione della microplacca Adria ha comportato, infatti, la riemersione delle formazioni primitive ricoperte di sedimenti marini e l’esposizione della crosta continentale prealpina. Negli affioramenti più occidentali della crosta continentale prealpina posti tra Ivrea e il Lago Maggiore affiorano rocce del Mantello superiore e della Crosta inferiore, intermedia e superiore; appartengono al dominio Sudalpino e sono suddivise nella Zona Ivrea-Verbano (crosta profonda) e nella Serie dei Laghi (crosta intermedia e superiore) in contatto tettonico tra di loro e separate dal sistema di faglie della Linea Cossato-Mergozzo-Brissago e del Pogallo. La Zona Ivrea-Verbano è costituita da scaglie di Mantello sotto continentale, da basamento metamorfico ercinico e da corpi ignei Permiani. la Serie dei Laghi in letteratura viene descritta in modo non univoco. La Serie dei Laghi affiora a sud-est della zona Ivrea-Verbano e si estende sino al margine della pianura padana; viene suddivisa in Zona Strona-Ceneri che affiora a est del Lago Maggiore e tra quest’ultimo e la Val d’Ossola e negli Scisti dei Laghi che affiorano da Borgosesia al Lago Maggiore e a nord di Verbania. La Zona Strona-Ceneri costituisce un segmento di crosta intermedia prealpina ed è formata da paragneiss, gneiss minuti con corpi lenticolari di ortogneiss. Gli Scisti dei Laghi rappresentano la crosta superiore, sono costituiti da una formazione metapelitica composti da micascisti e paragneiss a metamorfismo ercinico e da coperture Permo-Mesozoiche (vulcaniti permiane e coperture triassico-liassiche). Nella Serie dei Laghi sono intrusi i Graniti dei Laghi; sono intrusioni tardo-erciniche, appartengono all’ultimo periodo dell’era paleozoica, hanno un’età da 275 a 283 milioni di anni e costituiscono un grande batolite composito allungato in direzione da nord-est a sud-ovest. Sono intrusi nel settore nord-ovest degli Scisti dei Laghi a eccezione del granito di Quarna che è intruso nei paragneiss della Zona Strona-Ceneri. Il grande batolite si estende dal Biellese alla Val d’Ossola e viene suddiviso in plutoni diversi citati in letteratura come i plutoni di Biella-Valsessera, Alzo-Roccapietra, Quarna, Mottarone-Baveno e Montorfano. I vari plutoni presentano variazioni nella composizione dovute ad intrusioni multiple. Il Massiccio Granitico del Biellese (Plutone di Biella-Valsessera) costituisce con gli altri plutoni un unico corpo magmatico ercinico che è stato smembrato e dislocato in età alpina dal sistema di faglie della Cremosina. Il Sistema della Cremosina è un sistema ad andamento da est-nord-est a ovest-sud-ovest ed è formato da elementi vicarianti; nel corso dell’era terziaria è stato caratterizzato da un movimento trascorrente destrorso con avvenuto scivolamento orizzontale di circa 12 chilometri associato al ciclo compressionale alpino che ha smembrato e dislocato il batolite originario. La ricostruzione palinspastica permette di riportare all’originaria unità geometrica i graniti del Biellese, le rocce della Zona Ivrea-Verbano, della Zona Strona-Ceneri e di ricostruire il ruolo svolto dalle preesistenti linee tettoniche Cossato-Mergozzo-Brissago e del Pogallo nella messa in posto dei plutoni. Il sistema di faglie della Linea della Cremosina ha cessato l’attività trascorrente nel Pliocene assumendo un movimento verticale che ha determinato un assetto litostrutturale favorevole all’ingressione marina pliocenica, che in questo settore del Biellese è testimoniata dai sedimenti di origine marina presenti nel lato sinistro orografico del Torrente Sessera. Sono presenti anche faglie tardive con andamento da nord-nord-ovest a sud-sud-est, praticamente ortogonali al Sistema della Cremosina, che dislocano gli elementi di quest’ultimo sistema e altre faglie normali di importanza locale, a sud della Linea della Cremosina e a est del Massiccio Granitico del Biellese, associate alla tettonica estensionale giurassica che hanno contribuito alla conservazione del lembo mesozoico di Sostegno e degli altri lembi sedimentari a ovest del Lago Maggiore. Il Massiccio Granitico del Biellese occupa una vasta area della zona collinare del Biellese orientale estendendosi tra la valle del Torrente Strona di Mosso e la valle del Torrente Ostola è costituito da un ammasso principale e da lembi isolati tra di loro dai sedimenti pliocenici e pleistocenici; i comuni in cui sono presenti queste rocce sono numerosi (1). La formazione granitoide pur essendo conosciuta da tempo dagli studiosi non è stata oggetto di una trattazione organica sino agli anni Trenta del secolo scorso. Il Massiccio Granitico del Biellese ha una forma subquadrangolare ed è in contatto tettonico con le rocce della Zona Ivrea-Verbano, a ovest delimitato dalla Linea Cossato-Mergozzo-Brissago, mentre a nord-ovest è il sistema di faglie della Linea della Cremosina a metterlo in contatto tettonico con le rocce della Zona Ivrea-Verbano. Il sistema di faglie della Linea della Cremosina è formato da elementi vicarianti e mentre l’elemento più esterno giustappone i granitoidi alle rocce della Zona Ivrea-Verbano, quello più interno mette in contatto la formazione granitoide con le le vulcaniti manifestando i suoi effetti principalmente sulle rocce granitoidi dando luogo a tettoniti di vario tipo. Il Massiccio Granitico del Biellese a est è in contatto con le vulcaniti permiane e a sud e sud-ovest è smembrato in lembi isolati tra di loro dai sedimenti pliocenici e pleistocenici. Nella parte più a ovest in prossimità della linea tettonica Cossato-Mergozzo-Brissago presenta una fascia di gneiss granitoidi ad affinità Strona-Ceneri, nella restante parte è costituito da sienograniti e monzograniti. A sud e a sud-ovest data la presenza di sedimenti pliocenici e pleistocenici le rocce granitoidi sono meno visibili e si possono osservare nelle incisioni dei corsi d’acqua, lungo le scarpate stradali e nelle aree di cava abbandonate. Nel territorio del Comune di Pray sono presenti affioramenti rocciosi di paragneiss inglobati entro il plutone granitico; queste rocce appartengono ai micascisti e paragneiss della Serie dei Laghi presenti a est di Borgosesia e quindi questa presenza nel Biellese ne rappresenta la prosecuzione più occidentale. Sono masse localizzate, antecedenti alle unità magmatiche, probabilmente traslate dall’azione trascorrente di faglie vicarianti facenti parte del Sistema della Cremosina e vengono a giorno dove l’erosione ha inciso più profondamente i terreni di copertura. I paragneiss si presentano con marcata struttura gneissica e anche con facies di migmatiti di tipo omogeneo. Una questione molto dibattuta tra gli studiosi è stata quella dei rapporti cronologico-genetici tra granito e serie vulcanitica permiana. I graniti e le vulcaniti permiane dell’area biellese sono masse comagmatiche e vengono a trovarsi per un lungo tratto a diretto contatto. Sono state formulate nel tempo diverse ipotesi l’ultima delle quali ipotizza due fasi magmatiche diverse e cronologicamente distinte, ovvero che il nucleo centrale e occidentale del Massiccio Granitico del Biellese sia pre-vulcanitico, mentre un’altra fase granitica più limitata e più recente, localizzata ai margini del plutone, sarebbe posteriore alle vulcaniti con manifestazioni filoniane all’interno di esse. Alla seconda fase, posteriore rispetto alle vulcaniti, corrisponde la messa in posto dei graniti microgranulari con litotipi a grana più minuta che possono presentare strutture di tipo porfirico e con colorazione rosa rossastra; questi ultimi sono osservabili nel versante sinistro del Torrente Ostola, zona denominata Rive Rosse. Nella restante parte del Massiccio Granitico del Biellese è presente la facies più diffusa, caratterizzata da rocce a grana grossolana o medio-minuta con colorazione biancastra, che sulle superfici degradate assume una colorazione giallastra. In letteratura sono citati luoghi dove è possibile osservare il contatto diretto tra le rocce intrusive e quelle effusive come a San Bononio (Curino) e a Santa Liberata (Masserano). La massa granitica ha il suo punto più elevato sulla sommità del Monte Localà (678 m s.l.m.) è caratterizzata da un reticolo di dislocazioni, gli affioramenti appaiono arenizzati in superficie, mentre la roccia non degradata è presente negli alvei dei corsi d’acqua, nelle aree di cava abbandonate e nelle scarpate stradali. Il sistema di faglie della Linea della Cremosina e il reticolo di dislocazioni condizionano la forma del reticolo idrografico dell’area granitica. Si tratta di un reticolo rettangolare con i segmenti ad andamento da ovest-sud-ovest a est-nord-est che sono impostati lungo il Sistema della Cremosina, mentre i segmenti ad essi ortogonali sono influenzati dal pendio e dal controllo strutturale. Il Massiccio Granitico del Biellese presenta diverse manifestazioni filoniane geneticamente legate all’intrusione granitica rappresentate da filoni basici a composizione gabbrodioritica, da porfidi granitici, da apliti e pegmatiti. Nella parte orientale, dove si ha il contatto con le vulcaniti, sono presenti filoni quarzitici legati al magmatismo tardo-ercinico; si presentano come filoni, insiemi di vene e lenti particolarmente evidenti nel settore occidentale del Comune di Curino. Una volta esposte agli agenti meteorici le rocce vanno incontro a erosione, trasporto e sedimentazione. Le rocce del Massiccio Granitico del Biellese sono state interessate da un’alterazione particolarmente significativa dovuta a una prolungata esposizione subaerea durante fasi climatiche caldo-umide dal Miocene al Pliocene e durante le glaciazioni del Quaternario non sono state interessate da esarazione glaciale. I periodi interglaciali, con il loro clima di tipo subtropicale, hanno contribuito ad una ulteriore azione disgregatrice con formazione di coltri arcosiche prodotte dall’alterazione del granito. Le rocce si presentano molto alterate in superficie e formano una coltre sabbionacea con spessore anche di parecchi metri. Nelle incisioni torrentizie l’erosione più marcata dei corsi d’acqua mette a nudo il substrato roccioso. La diffusa e potente coltre di alterazione eluviale rende difficilmente interpretabili i rapporti cronologico-genetici tra granito e serie vulcanitica permiana ed anche i rapporti tra le facies granitiche. La formazione granitoide del Biellese è caratterizzata da una composizione mineralogica omogenea. Studi fatti sulle rocce della formazione granitoide hanno evidenziato la presenza, nelle varie facies, di minerali accessori pesanti quali lo zircone, l’apatite e l’epidoto tra i più abbondanti, mentre tra i rari e sporadici l’orneblenda, l’iperstene, il granato e la titanite. Nei prodotti di alterazione è preponderante l’anatasio quale risultato dell’alterazione atmosferica subita dalla biotite; un secondo tipo di anatasio (ottaedrite) si origina dalla brookite come conseguenza delle trasformazioni pneumatolitico-idrotermali della biotite. Nel territorio di Masserano è avvenuto il primo ritrovamento nel Biellese di synchysite; si tratta di un minerale che è stato rinvenuto in piccoli geodi della roccia granitica in cristalli sia singoli che raggruppati in rosette. Questi cristalli, spesso appoggiati o “piantati” su quelli di ortoclasio, sono stati notati anche in associazione con cubi di fluorite violacea. Si possono osservare spettacolari forme assunte dalle rocce granitiche, dovute alla degradazione meteorica, che per via dell’esfoliazione e della disgregazione granulare tendono ad assumere una forma sferoidale. Gli eventi alluvionali rendono il territorio del Massiccio Granitico del Biellese particolarmente vulnerabile; la saturazione delle coperture del substrato roccioso crea galleggiamento della coltre sabbionacea dando luogo a colate caratterizzate da una cinematica veloce innescate in modo proporzionale dall’intensità e durata della pioggia. Molti sono stati gli eventi alluvionali, quello più catastrofico degli ultimi 100 anni è stato quello del 1968. Negli anni Sessanta del secolo scorso nel Comune di Masserano è stata costruita una diga che sbarrando il corso del Torrente Ostola ha creato il Lago delle Piane situato a 325 metri di altitudine. Il lago interessa anche i comuni di Casapinta, Curino e Mezzana Mortigliengo. I graniti del Massiccio Granitico del Biellese sono stati oggetto di attività estrattiva in passato e attualmente sono presenti cave a Curino e Masserano per l’estrazione di quarzo, feldspato e caolino per utilizzo industriale.
(1) Ailoche, Bioglio, Caprile, Casapinta, Cossato, Crosa, Curino, Lessona, Masserano, Mezzana Mortigliengo, Piatto, Pray, Quaregna Cerreto, Ronco Biellese, Strona, Valdengo, Valdilana, Vallanzengo, Valle San Nicolao.
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Fig. 1. Stralcio della Carta Geologica d'Italia in scala 1:1.000.000; le aree evidenziate con il colore associato al numero 92 rappresentano i Graniti dei Laghi (da SERVIZIO GEOLOGICO D'ITALIA, 2011).
Fig. 2. Schema geo-petrografico del Massiccio Granitico del Biellese (da ZEZZA, 1977, p. 68).
Fig. 3. Affioramento di roccia milonitica in prossimità dell'elemento più esterno del Sistema della Cremosina (Caprile).
Fig. 4. Particolare dell'affioramento roccioso della fig. 3.
Fig. 5. Roccia cataclastica in prossimità dell'elemento più esterno del Sistema della Cremosina (Caprile).
Fig. 6. Gneiss della Serie dei Laghi, SP 200 (Pray).
Fig. 7. Granito (Pray).
Fig. 8. Granito (Curino).
Fig. 9. Granito (Piatto).
Fig. 10. Coltre sabbionacea (Pray).
Fig. 11. Sabbione granitico colonizzato da Polygala chamaebuxus L. (Soprana).
Fig. 12. Sabbione granitico (Soprana).
Fig. 13. Incisione torrentizia in roccia granitica, affluente di sinistra del Torrente Ostola (Mezzana Mortigliengo).
Fig. 14. Disgregazione granulare ed esfoliazione su granito (Curino).
Fig. 15. Disgregazione granulare ed esfoliazione su granito (Curino).
Fig. 16. Forme di erosione su granito (Soprana).
Fig. 17. Forme di erosione su granito, Cima le Pietre (Curino).
Fig. 18. Forme di erosione su granito (Masserano).
Fig. 19. Lago delle Piane (Masserano).